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Capita raramente che il cinema americano sia in grado di offrire pellicole genuine, vere e poco calcate, di recente, in tal senso, mi è capitato di rimanere piacevolmente colpito da una  piccola perla d’oltre oceano: “Juno”.
juno_locandina
Il film narra le vicende di Juno una ragazza sedicenne che rimane incinta a seguito del primo e unico rapporto sessuale della sua vita avuto con un suo coetaneo, rapporto sessuale spinto più da curiosità e affetto che da amore. Il lungometraggio parte con lei già in stato interessante (come è arcaica questa espressione) e si sviluppa attorno alla sua volontà di disfarsi del bimbo.  Dapprima la protagonista pensa all’immediatezza dell’aborto poi, a fronte dei morsi della sua coscienza, opta per tenerlo e cederlo a genitori addottivi. Da qui  tutto il film:  palpiamo il rapporto comprensivo con i genitori, che sanno ascoltare e comprendere. Ammiriamo la matrigna che si fa coinvolgere  e sa essere cinica e spietata nei confronti di un tecnico ecografo donna, che si permette di emettere giudizi morali e sociali.
Conosciamo  il padre del bambino, immaturo (per come lo è un maschio medio della sua età), innamorato, dolce e buono ma incapace di  assumersi le proprie responsabilità anche perché molto più spaventato e meno forte della sua amante che invece  vive la sua gravidanza con naturalezza incurante degli occhi della gente e dei mormorii alle sue spalle. Juno  è determinata da subito, vacilla solo in poche occasioni, ma è forte sa quello che vuole fare e per tutto il film rimane praticamente immune da tutto ciò che non riguardi direttamente il futuro del suo bambino.
L’ambientazione è una provincia tranquilla ma allo stesso tempo distante dai cliché che vedono queste realtà cariche di pregiudizi, di moralismi e di moralizzatori (che il mondo stia veramente cambiando  o è solo una visione ottimistica del regista?).

Non è un film volgare come volgari sono la stragrande maggioranza dei film su adolescenti, qui traspare un’adolescenza “vecchio stampo” fatta di insicurezze,paure, umanità. Il linguaggio è pulito,  “contaminato” dallo slang giovanile  quel tanto che basta da rendere l’opera verosimile (il titolo di questo mio intervento ne è l’esempio); non esistono le tanto (ab)usate sfuriate da teenager ricche di “Fuck”.

Quello che ho amato di quest’opera cinematografica è che a differenza di molte altre incentrate sulle medesime tematiche questa non vuole dare lezioni di vita, non ci dice cosa sia giusto fare e cosa invece non lo sia, ci insegna, questo forse sì, a seguire il nostro istinto nelle scelte importanti della vita, a mettere da parte i giudizi degli altri guidati da luoghi comuni più che dal buon senso. Nel film non esiste traccia di condizionamenti esterni sulle decisioni, esiste solo la linea adottata da Juno che da ragazza certamente immatura ma molto intelligente, prende delle decisioni che non possono che essere capite (se non addirittura condivise)  anche da un adulto. Uniche due intrusioni sono un compagna di classe antiabortista e il tecnico ecografo di cui sopra che emette un giudizio inappropriato e ingiustificato.

Tra tanta negatività e pessimso che si respira oggi nell’arte nel senso più generale del termine, il finale che vede un rientro nella “normalità” di un amore “semplice”(assente all’inizio della vicenda)  come molti di noi sicuramente l’hanno conosciuto, chiude ottimamente e sobriamente questo consigliatissimo lavoro cinematografico di Jason Reitman.

Degna di nota è la colonna sonora molto acustica e certamente azzeccata.

Juno in chiusura: “Sì lo so, in genere ci si dovrebbe innamorare prima di procreare ma in fondo noi siamo sempre stati strani”

E’ una pellicola serena, che ha l’odore e la genuinità del latte caldo messo sul fuoco.

Il trailer in italiano:

A little bit of soundtrack: