Poi arriva un giorno in cui vai alla macchina del caffè e trovi qualche solito noto intento a gozzovigliare. Svogliatamente saluti, infili la chiavetta e nell’attesa ascolti le seguenti parole scandite chiaramente e lentamente:
“I-n-f-i-l-a P-i-a-n-t-a c-o-n-t-r-o z-o-m-b-i!”
al che segue una risposta metallica femminile
“mi dispiace non posso farlo”
Di solito, durante quell’atto giornaliero ti metti in stato di stand-by ignorando ogni forma di vita circostante ma non resisti e ti giri. Noti due persone visibilmente divertite. Uno tiene di fronte a sé, con braccio testo, un cellulare superfigo. L’altro accanto a lui, con lui, fissa lo schermo scintillante di quel mostro tecnologico. Il presunto proprietario del mezzo di comunicazione riprende, sempre scandendo lentamente le parole:
“u-s-a s-c-a-f-f-a-l-e s-u z-o-m-b-i!”
la femmina-androide di prima, attraverso l’altoparlante del coso a microonde multi-touch, dice dopo un “plin” o un qualcosa di simile:
“mi dispiace non posso farlo”
Ti rigiri verso il tuo bicchiere non mutando minimamente l’espressione sostanzialmente apatica del tuo viso ma innescando, tra dentriti e neuroni, un processo assimilabile ad un senso di claustrofobia.
Al che interviene l’altro scandendo a sua volta le seguenti parole
“E a-l-l-o-r-a f-i-c-c-a-t-i l-a s-c-o-p-a n-e-l c-u-l-o”
Segue giubilo diffuso e soddisfatto.
Prendi il tuo bicchiere e per un attimo pensi a quale template Word puoi usare per compilare la tua lettera di dimissioni.
In sottofondo: “mi dispiace non posso farlo”