«Ma possibile che quando la cerchi non ci sia mai una penna in questa casa?» penso, e intanto mi affanno a rovistare in ogni cassetto di questa maledettissima cucina. Apro , chiudo, stravolgo l’ordine e la pace di ogni oggetto che tocco «mi resta poco tempo, dannazione, e devo scrivere per non dimenticare». La trovo finalmente un’unica biro, strappo un lembo sufficientemente bianco di un volantino pubblicitario, azzanno e sputo per terra il tappo della BIC nera, non scrive, alito sulla sferetta, nessun segno di vita. «Ci sono, la collezione di Marta! » mi precipito in studio, apro il prezioso cofanetto di vengè e la MontBlanc con pennino dorato è lì pronta certamente funzionante visto l’uso frequente che Marta ne fa per dar sfogo alla sua vena creativa. Freneticamente scrivo in ordinata sequenza la serie di nomi comuni di cosa che ho in mente. Mi sento più libero ma sempre in ritardo. Afferro il giubbotto chiudo la porta, scendo le scale velocemente.
Salgo in macchina, non devo fare molta strada, sono appena in tempo. «Eccolo, il solito bifolco lui e il suo fottuto fuoristrada che occupa due posti», parcheggio qualche metro più in là. Prendo dal porta oggetti l’unica moneta da un euro. Lascio la macchina, infilo l’euro nell’apposita fessura, prendo il carrello e mi fiondo dentro al supermercato.«ce l’ho fatta ora nessuno mi può cacciare».
Suona il telefono cellulare, è Marta, conto qualche secondo per mascherare l’ansia che mi pervade. Rispondo: «Ciao Amore», «Ciao» dice e riprende: «ti sei ricordato vero di prendere la tessera dei punti che c’era sulla cassapanca, con questa spesa ci facciamo il piatto fondo che hai mandato in frantumi la scorsa settimana», silenzio, allontano la cornetta, guardo il cielo impreco mormorando a denti stretti, poi riprendo il cellulare e con la pila di piatti-premio ben in vista dico «certo che ce l’ho, ma vedi sembra che li abbiano finiti, bisognerà aspettare una settimana».
Chiudo gli occhi e attendo il rinculo.