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La spesa

Pubblicato: 08.01.2009 da bazu in Racconti
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«Ma possibile che quando la cerchi non ci sia mai una penna in questa casa?» penso, e intanto mi affanno a rovistare in ogni cassetto di questa maledettissima cucina. Apro , chiudo, stravolgo l’ordine e la pace di ogni oggetto che tocco «mi resta poco tempo, dannazione, e devo scrivere per non dimenticare». La trovo finalmente un’unica biro, strappo un lembo sufficientemente bianco di un volantino pubblicitario, azzanno e sputo per terra il tappo della BIC nera, non scrive, alito sulla sferetta, nessun segno di vita. «Ci sono, la collezione di Marta! » mi precipito in studio, apro il prezioso cofanetto di vengè e la MontBlanc con pennino dorato è lì pronta certamente funzionante visto l’uso frequente che Marta ne fa per dar sfogo alla sua vena creativa. Freneticamente scrivo in ordinata sequenza la serie di nomi comuni di cosa che ho in mente. Mi sento più libero ma sempre in ritardo. Afferro il giubbotto chiudo la porta, scendo le scale velocemente.

Salgo in macchina, non devo fare molta strada, sono appena in tempo. «Eccolo, il solito bifolco lui e il suo fottuto fuoristrada che occupa due posti», parcheggio qualche metro più in là. Prendo dal porta oggetti l’unica moneta da un euro. Lascio la macchina, infilo l’euro nell’apposita fessura, prendo il carrello e mi fiondo dentro al supermercato.«ce l’ho fatta ora nessuno mi può cacciare».

Suona il telefono cellulare, è Marta, conto qualche secondo per mascherare l’ansia che mi pervade. Rispondo: «Ciao Amore», «Ciao» dice e riprende: «ti sei ricordato vero di prendere la tessera dei punti che c’era sulla cassapanca, con questa spesa ci facciamo il piatto fondo che hai mandato in frantumi la scorsa settimana», silenzio, allontano la cornetta, guardo il cielo impreco mormorando a denti stretti, poi riprendo il cellulare e con la pila di piatti-premio ben in vista dico «certo che ce l’ho, ma vedi sembra che li abbiano finiti, bisognerà aspettare una settimana».

Chiudo gli occhi e attendo il rinculo.

Orizzonte

Pubblicato: 21.11.2008 da bazu in Racconti
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Pubblico volentieri un racconto passatomi da un nostro fan (mai avrei pensato che potessimo avere dei fan) che desidera rimanere anonimo.

Viveva così, quasi per caso. Niente lo interessava veramente, tranne se stesso e la felicità, quel benessere illimitato di cui tutte le religioni parlano ma che non ha che due o tre testimoni. Ed ogni volta che ci pensava, si dannava l’anima perchè gli pareva di non poterla mai raggiungere. Per lui la felicità era come l’orizzonte: poteva vederla, comprenderla ma non avrebbe mai potuto raggiungerla, esserne parte. Eppure sapeva che dentro di lui c’era una via che portava direttamente là, dal deserto della sua esistenza fin dentro quel miraggio. E allora un giorno si disse: ma sì, perchè non tentare? Perchè non cedere a quel richiamo, anche se è più scomodo, anche se fa paura? Ma la risposta fu fin troppo semplice perchè fino ad allora, quell’esistenza così effimera gli aveva sempre assicurato un domani e con esso la possibilità di poter rimandare. Fino a quando si stancò dei suoi domani sempre uguali e decise di imboccare la strada verso l’orizzonte e fu in quel momento che nacque per lui un giorno nuovo.

Il nostro fan è interessato ai vostri commenti di qualsiasi natura essi siano.

L’incontro

Pubblicato: 01.11.2008 da bazu in Racconti
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E’ da svariate settimane che Marco e Chiara devono vedersi, Marco ha avuto modo di riflettere molto su quel loro appuntamento ormai divenuto inevitabile. Io, purtroppo non ci sarò ma me lo immagino comparire nella pallida stanza ospedaliera, l’aria sarà permeata da un odore acre di disinfettante, indosserà uno di quei suoi soliti maglioni di lana sformati adatti per le rigide temperature di un tardo autunno, meno per le torride stanze di un nosocomio. Sicuramente sarà teso e per quanto possa essersi preparato sarà difficile per lui resistere all’ondata di emozioni che lo travolgerà.

Chiara sarà immobile, non sarà neppure conscia di essere a questo mondo, certamente non si aspetterà di vedere Marco e quando lo vedrà non lo riconoscerà, resterà ferma nel suo letto che non può lasciare autonomamente.

Ora come ora saranno soli, l’immaginarmeli a non più di qualche stanza da me mi rende ansiosa, avrei voglia di alzarmi, raggiungerli e assitere all’intersezione delle loro vite ma non posso e comunque, a pensarci bene, anche potendo non andrei perché trovo giusto che certe situazioni vengano vissute senza condizionamenti esterni di modo che ogni goccia di empozione possa sgorgare e manifestarsi in tutta la sua potenza. Mi consolo fantasticando sul loro incontro e sapendo che presto saranno qui.

Anche il flebile e rado vociferare di infermiere e medici verrà censurato dai loro sensi, rimarranno in silenzio fissandosi, lui non riuscirà a dire nulla lei non potrà dire nulla. Gli occhi di lui inizieranno a bagnarsi e passato un ragionevole lasso di tempo inizierà a raccontarle quanto sia stato snervante aspettare quel momento, di quanto lo avesse desiderato e immaginato, le accarezzerà le mani spiegandole i progetti per il futuro.

Chiara con le sue guance paffute, i capelli radi, quello sguardo attento, avido di tutto ciò che la circonda non capirà perché non sarà in grado di farlo, persa com’è in un mondo fantastico che solo lei può percepire.

Il mio cuore palpita più intensamente conseguenza, questa, dell’odore di brodo che pian piano prende corpo nell’aria, indizio che mi rivela l’imminente l’arrivo del misero pranzo ospedaliero ma soprattutto quello dell’insolita coppia.

Eccoli! Li vedo! Incrocio lo sguardo di Marco, ci sorridiamo, sento un piacevole tepore al centro del torace, lui ha un’espressione beata leggermente “sporcata” dalla preoccupazione per Chiara che, tra le sue braccia, piange.

“Ciao Amore, penso che abbia fame” mi dice.

La prendo e avvicinandola al mio seno sento di vivere istanti eccezionalmente felici.



Il focoso amico

Pubblicato: 20.10.2008 da bazu in Racconti
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(dedicato a vava’)

 

Gli individui della sua specie non sono difficili da incontrare, sono ricercati, voluti e spesso desiderati, a loro ci si affida specialmente se giovani quindi prestanti e puliti. E’ duro, amo toccarlo, sfregarmici contro e il piacere che ne traggo è penetrante

 

Specialmente nelle serate fredde, rientrato a casa e richiusa la porta di ingresso della mia dimora, l’avida ricerca del piacere datomi dal suo contatto è la prima cosa a cui mi dedico.

 

Pur giacendo costantemente ad una manciata di centimetri sopra il pavimento non posso in tutta onestà dire che sia altezzoso, è fedele, sempre pronto a fare il suo dovere: è un lavoratore instancabile. Si gode lunghi periodi di meritato riposo in cui cessa di catalizzare la mia attenzione, mi capita di dimenticarlo ma lui non ne soffre perché nato per servire.

Piace? Beh, molti suoi simili sono, a guardarli sinuosi e tondeggianti incapaci di nuocere anche al più vivace infante, ma lui, il mio, no! Il mio è granitico ,squadrato, tutto d’un pezzo, capace di ferire con le sue forme acute. Non ha tanti fronzoli, il pallore che lo caratterizza, giusto qualche punto di colore sopra il bianco, lo rende poco invadente.

 

Lui è discreto, silenzioso, non parla, tuttalpiù, crepita. Se ne sta in disparte quasi a non voler inquinare lo spazio visivo di coloro i quali, molto più di lui, vivono.

 

La maggior parte della giornata è freddo ma, se necessario, sa diventare rovente se sapientemente aiutato da un’indispensabile compagna che ha il potere di scaldare il liquido che lo percorre.

 

Insomma, con le sue fenditure superiori, la sua manopola laterale, la sua valvola di svuotamento sottostante, è Lui il mio fedele termosifone a rendere meno grigie le mie giornate invernali.



Nel tempo

Pubblicato: 31.07.2008 da bazu in Racconti
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Una bambina, un sabato, mamma e papà vanno a prenderla al termine della scuola per andare a pranzare assieme in una rustica trattoria in riva ad un fiume. Passeggiano perché al posto ci si arriva solo a piedi; ci sono i cigni, le anatre, qualcuno ride, qualcuno cammina guardando per terra assorto nei suoi pensieri. E’ caldo, l’estate è alle porte e con essa le vacanze. La bambina si siede, con i suoi grandi occhioni castani, scruta, valuta, si interroga. Arrivano le tagliatelle, con il suo solito fare lei le gusta boccone dopo boccone, lentamente. Gli occhi sono avidi, passano dal cibo al viso di mamma, di papà e dei pochi altri avventori.

Le orecchie finora impegnate nelle voci parentali, sentono qualcosa di dolce e coinvolgente nel sottofondo, la mente amplifica quel suono, ora non esistono più voci se non quella di chi, in simbiosi con quella musica, racconta storie, canta di quello che un domani avrebbe poi scoperto essere l’amore, esprime pensieri. E’ una bambina diligente, finisce la pasta ma si alza senza dire nulla e segue il filo che la collega al musicante e alla sua voce, l’unica che lei, con il cuore, sente. Vede la sua fonte di gioia, prende una sedia e con l’impudenza tipica della sua età si siede a fissare incantata la bocca, le mani e gli occhi di colui che in quel momento è tutto. La musica viene dalla sua chitarra. Lui la vede, capisce di aver rapito un’anima innocente questo per lui è più della fama, più del denaro.

Mamma e papà sanno che ora lei, visibile e poco distante, è felice, al sicuro.

La piccola capisce che tutte le cose finiscono, quelle belle troppo presto. Lui mestamente si alza poggia la chitarra, le si avvicina, lei lo guarda negli occhi, è incantata; a pochi passi da lei ormai c’è lui, si ferma, si inginocchia ora gli sguardi sono intensamente coesi lui sereno, con voce ferma scandendo bene e lentamente le parole dice:

…<< Ricorda che con la musica, nella vita puoi fare tutto! >>…

Sono passati più vent’anni da quel giorno, la bambina ora è donna nel corso del cammino che l’ha portata fino ad oggi sono sempre rimaste in lei indelebili le parole di quel suonatore di cui non ha più saputo nulla. Grazie a quella manciata di sillabe lei ha saputo amare, soffrire, odiare, viaggiare, volare, perdonare, vincere, morire e rinascere.

Le parole possono arrivare lontano.

Lui è sicuramente vivo.